Pietro Verri - Nella vita i dolori sono più dei piaceri


Immagine Pietro Verri
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Il trattato di Pietro Verri, "Discorso sull'indole del piacere e del dolore", risponde alle interrogative proposte da Maupertuis, il filosofo e scienziato francese, noto per il suo "Saggio di filosofia morale" pubblicato nel 1749. Quest'opera, che fu oggetto di ampio dibattito in Italia, postula che è possibile calcolare la felicità e l'infelicità attraverso la durata e l'intensità di piaceri e dolori. Maupertuis argomentava che i dolori predominano sui piaceri e che solo la religione, offrendo la prospettiva di una vita ultraterrena, può offrire vera felicità. Nel suo libro, Verri cita inizialmente le tesi di Maupertuis e nel capitolo conclusivo risponde alla domanda centrale se nella vita prevalgano i dolori o i piaceri. Verri sostiene che piaceri e dolori non sono esattamente quantificabili con metodi matematici, nonostante gli uomini tendano a confrontarli nella vita di tutti i giorni. Poiché il piacere è essenzialmente una breve interruzione del dolore, ne consegue che esso è in realtà un valore negativo, portando alla conclusione che i dolori sono, in definitiva, superiori ai piaceri.


Lettura


Sono adunque più i mali o i beni in questa vita? La somma totale de' dolori è ella eguale, maggiore ovvero minore della somma totale de' piaceri? Ogni uomo prova egli una porzione uguale di bene e male? Su di tali questioni trattate ingegnosamente da varj illustri italiani all'occasione del libro del signor di Maupertuis, io ardirò dire quello che ne sento, e quanto parmi scaturire dai principj già indicati.

V'è chi osservò non essere due quantità paragonabili dolore e piacere, e non potersi mai esattamente trovare una di queste due serie di sensazioni che sia eguale o doppia o tripla dell'altra. In fatti dammi un piacere che esattamente valga un determinato dolore? La mente umana non ha mezzi onde graduarli, né abbiamo veruna macchina che serva di misura, come i termometri, i pendoli, i palmi, le once ci fanno paragonare i gradi di calore, il tempo, l'estensione, i pesi ecc.

Ciò non ostante nella pratica delle nostre azioni noi facciamo tacitamente paragoni continui fra il male e il bene, fra il dolore e il piacere. L'ambizioso, l'innamorato, l'avaro, il vendicativo quanti mali non affrontano, quante sensazioni dolorose spontaneamente non scelgono, perché giudicano praticamente che il piacere che se ne promettono sarà maggiore del male che son disposti a soffrire per ottenerlo! Anche gli uomini più pacati, e non mossi da torte passione scelgono sempre fra il dolore e il piacere, e ne fanno continuo calcolo di paragone. L'uscir di casa con un tempo cattivo, l'attraversare un lungo cammino a piedi, l'uscir di buon'ora da letto ove mollemente ti giaceresti, il differire a cibarti ecc., sono piccoli dolori, ma però lo sono; e ogni uomo li giudica una quantità minore del piacere che avrà d'aver visitato un amico, d'avere esattamente adempiuto agli obblighi dello stato, d'aver usata urbanità e compiacenza ecc. Se adunque nella pratica l'uomo paragona continuamente i dolori ed i piaceri, convien dire che sieno due quantità prossimamente paragonabili.

Ogni azione nostra si assomiglia a una compra: si dà il denaro per avere una cosa: il privarsi del denaro per sé è un male; ma quando compriamo, giudichiamo che è un bene maggiore di questo male la cosa che ricerchiamo. In ogni condizione in cui sia l'uomo, anche sotto al trono, e costretto a fare una quantità di azioni penose, incomode, dolorose per acquistarsi i piaceri. Questo calcolo l'uomo lo fa abitualmente.

Ciò posto, siccome di sopra ho detto, il piacere non essendo che una rapida cessazione di dolore, non può in conseguenza essere maggiore giammai della quantità del dolore, la di cui cessazione non può essere maggior quantità che lui medesimo. Di più l'uomo soffre de' dolori i quali cessano lentamente, onde non hanno un piacere che ad essi corrisponda. Dunque la somma totale delle sensazioni dolorose debb'essere in ogni uomo maggiore della somma totale delle sensazioni piacevoli. Tale è la condizione dell'uomo; ma la seducente e consolatrice speranza ci sta sempre al fianco sino all'ultimo respiro, sparge di rose la scoscesa e laboriosissima via; per lei prendiamo vigore e fiato; e s'ella ci spigne al di là del breve viver nostro, ci fa ridenti attraversare fra le difficoltà più scabrose, e placidi soffrire anche i dolori più forti.


Guida alla lettura


1) Che cosa significa che dolore e piacere non sono quantità misurabili?
Nel testo, Pietro Verri affronta il problema della misurabilità del dolore e del piacere, argomentando che queste due sensazioni non sono quantità misurabili in termini esatti e oggettivi. Questo concetto emerge chiaramente quando Verri spiega che non esistono strumenti o metodi precisi, come quelli utilizzati per misurare il calore, il tempo, l'estensione o i pesi (ad esempio termometri, pendoli, palmi, once), che possano comparare o quantificare in modo esatto il dolore e il piacere.

Verri evidenzia la difficoltà intrinseca nel dare un valore numerico esatto a queste esperienze soggettive. Per esempio, non è possibile determinare che un piacere specifico "valga" esattamente quanto un certo dolore. La mente umana non dispone dei mezzi per graduare queste sensazioni in modo preciso e non ci sono "macchine" o strumenti di misura che possano servire come termine di paragone oggettivo.

Inoltre, il filosofo sottolinea che, nonostante questa mancanza di quantificabilità matematica, nella vita quotidiana le persone continuano a fare comparazioni tra dolore e piacere. Questo avviene in modo tacito e pratico, basato su stime e valutazioni soggettive, dove si valuta se i piaceri previsti superano i dolori che si è disposti a sopportare per ottenere tali piaceri.

In sintesi, Verri afferma che dolore e piacere non sono quantità paragonabili in modo assoluto e oggettivo, ma vengono comunque valutati e comparati dalle persone nella loro esperienza quotidiana, basandosi su una valutazione soggettiva e non su una misurazione esatta.

2) Anche se è impossibile una comparazione matematica, nella vita quotidiana gli uomini fanno continuamente valutazioni relative al piacere e al dolore: quali criteri utilizzano?
Nel testo, si evidenzia che, anche se non esiste una misura matematica precisa per comparare il piacere e il dolore (come non ci sono strumenti analoghi ai termometri o ai pendoli per queste sensazioni), gli uomini utilizzano comunque dei criteri pratici per fare valutazioni relative al piacere e al dolore nella vita quotidiana. Questi criteri sono basati soprattutto su considerazioni di costi e benefici derivanti dalle loro azioni.

Ad esempio, si parla di come diverse figure come l'ambizioso, l'innamorato, l'avaro, e il vendicativo affrontino volontariamente mali e sensazioni dolorose, perché ritengono che i piaceri che si aspettano di ottenere siano maggiori dei dolori che sono disposti a sopportare per raggiungerli. Anche le persone più pacate, non guidate da forti passioni, fanno scelte costanti tra dolore e piacere, valutando il dolore minore di piccoli sacrifici (come alzarsi presto, uscire con brutto tempo) rispetto al piacere derivante dall'aver compiuto un'azione, come visitare un amico o soddisfare un dovere.

Quindi, i criteri utilizzati dagli uomini per valutare piacere e dolore nella vita quotidiana sono essenzialmente valutazioni subjective basate sulla loro esperienza personale e sulle loro aspettative relative ai risultati delle loro azioni. Queste valutazioni si basano sull'analisi del rapporto tra il sacrificio o il disagio subito e il beneficio o il piacere atteso.


Guida alla Comprensione


1) A quale scopo Verri usa la metafora del compratore?
Pietro Verri utilizza la metafora del compratore per illustrare come, nella pratica quotidiana, gli uomini costantemente valutano e confrontano i piaceri e i dolori, considerandoli come due quantità che possono essere paragonate tra loro nonostante la mancanza di strumenti oggettivi per misurarli precisamente.

Nella metafora, il "privarsi del denaro" rappresenta un dolore o un sacrificio, mentre l'oggetto acquistato simboleggia il piacere o il beneficio ottenuto. Questo scambio è analogo al modo in cui le persone sopportano dolori minori o maggiori in cambio di piaceri percepiti come equivalenti o superiori. L'esempio del compratore illustra come gli individui facciano valutazioni e scelte basate su un calcolo interno tra costi (dolori) e benefici (piaceri), sottolineando l'idea che, nonostante la mancanza di strumenti precisi, la mente umana sia naturalmente incline a fare questi calcoli nella vita quotidiana.

Verri utilizza questa metafora per sostenere che, anche se i dolori e i piaceri non possono essere misurati esattamente come temperature o pesi, essi vengono costantemente comparati e valutati dagli uomini, implicando così una sorta di comparabilità pratica tra le due sensazioni.

2) Ricostruisci il ragionamento con cui Verri arriva a sostenere che il piacere non può mai essere superiore al dolore.
Pietro Verri nel suo "Discorso sull’indole del piacere e del dolore" elabora un ragionamento incentrato sulla natura del piacere e del dolore, offrendo una visione particolare che li vede strettamente interconnessi e quasi in una relazione di dipendenza. Ecco come si sviluppa il suo pensiero:

Definizione di piacere come cessazione del dolore: Verri sostiene che il piacere non è altro che "una rapida cessazione di dolore". Questa affermazione implica che il piacere, in quanto tale, non esiste indipendentemente ma emerge solo in seguito alla cessazione di una sensazione dolorosa.
Quantificazione del piacere rispetto al dolore: Poiché il piacere è definito come la cessazione del dolore, Verri argomenta che il piacere non può mai essere maggiore del dolore dal quale nasce. In altre parole, il piacere è limitato dall'intensità e dalla quantità del dolore che viene cessato; non può superare il dolore perché è essenzialmente la sua negazione o assenza temporanea.
Esperienze umane e il calcolo tra dolore e piacere: Verri osserva che nella vita quotidiana gli individui fanno costantemente calcoli tra piaceri e dolori, optando spesso per azioni che comportano dolori minori rispetto ai piaceri anticipati. Tuttavia, sottolinea che anche se gli uomini fanno questi calcoli, essi non dispongono di strumenti oggettivi per misurare esattamente piacere e dolore come si fa per temperatura o peso, indicando così la difficoltà di quantificare con precisione queste esperienze soggettive.
Il bilancio complessivo tra piacere e dolore nella vita: Verri conclude che, data la natura del piacere come mera cessazione del dolore e considerando che molti dolori cessano lentamente senza un corrispondente piacere immediato, la somma totale delle sensazioni dolorose in una vita umana sarà sempre maggiore di quella delle sensazioni piacevoli.

In sintesi, il ragionamento di Verri porta a una visione piuttosto pessimistica della condizione umana, in cui i dolori, essendo più frequenti e duraturi, superano i piaceri che sono solo fugaci interruzioni del dolore stesso.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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