Jean-Jacques Rousseau - L'origine della disuguaglianza


Immagine Jean-Jacques Rousseau
1) Introduzione
2) Lettura
3) Guida alla lettura
4) Guida alla Comprensione

Introduzione


Nella seconda sezione del suo "Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini", Jean-Jacques Rousseau esplora le radici della disuguaglianza civile, un fenomeno che scaturisce dall'evoluzione sociale umana e che va distinto dalla disuguaglianza naturale, legata semplicemente a differenze fisiche tra gli individui. Contrapponendosi in modo non diretto a John Locke, il quale considerava la proprietà della terra un diritto naturale, Rousseau sostiene che la proprietà ha origine in un atto di forza e successivamente si trasforma in un diritto civile attraverso il lavoro in una società agricola. Proseguendo nella sua analisi, evidenzia come la società agricola si evolva in una società del lusso, intensificando drasticamente la disuguaglianza tra le ricchezze delle famiglie. In questa fase emerge il lato oscuro della proprietà, che non solo crea un divario tra il ricco e il povero, ma porta anche a valutare gli individui in base alla loro ricchezza piuttosto che al loro merito. Secondo Rousseau, questo segna l'inizio del dominio delle apparenze, che ostacola una giusta valutazione dei meriti individuali e instilla nelle persone una forma di falsa coscienza. Il documento è articolato in quattro sezioni: la prima critica la natura artificiale della proprietà; la seconda descrive la formazione della famiglia come nucleo affettivo e sociale; la terza analizza il ruolo della proprietà nel generare disuguaglianze immeritate e nel dissociare l'apparenza dalla realtà; la quarta fa una chiara distinzione tra "amore di sé", un sentimento originario dell'uomo, e "amor proprio", un sentimento degenerato tipico dell'uomo civile.


Lettura


Il primo che, recintato un terreno, ebbe l'idea di dire: Questo è mio, e trovò persone così ingenue da credergli, fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, guerre, assassini, quante miserie ed orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: Guardatevi dall'ascoltare quest'impostore; siete perduti, se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra non è di nessuno.

Ma con ogni probabilità allora le cose erano già arrivate al punto da non poter continuare come prima; infatti questa idea di proprietà, in quanto dipende da molte idee che la precedono e che son potute nascere solo gradualmente, non si formò all'improvviso nello spirito umano: si dovettero fare molti progressi, acquisire molte abilità e conoscenze, trasmetterle ed accrescerle di epoca in epoca, prima di arrivare a questo estremo limite dello stato di natura. [...]

I primi sviluppi del cuore furono effetto di una situazione nuova che riuniva in una abitazione comune i mariti e le mogli, i padri e i figli. L'abitudine a vivere insieme fece nascere i più dolci sentimenti che siano conosciuti dagli uomini: l'amore coniugale e l'amor paterno. Ogni famiglia divenne una piccola società, tanto più unita in quanto l'attaccamento reciproco e la libertà erano i soli suoi legami; e fu allora che si determinò la prima differenza nel modo di vivere dei due sessi, che fino a quel momento era stato lo stesso. Le donne divennero più sedentarie e si abituarono a vegliare sulla capanna e sui bambini, mentre l'uomo andava a procurarsi il cibo comune. I due sessi cominciarono anche, a causa di una vita un po' più comoda, a perdere un po' della loro ferocia e del loro vigore. Ma se ognuno separatamente divenne meno adatto a combattere le bestie feroci, in compenso fu più facile unirsi per resistere ad esse in comune. [...]

Le cose in questo stato avrebbero potuto restare eguali, se le capacità fossero state eguali, e, per esempio, l'impiego del ferro e il consumo delle derrate si fossero sempre bilanciati esattamente; ma l'equilibrio, che niente manteneva, si ruppe ben presto; il più forte produceva di più; il più abile ricavava maggior profitto dalla sua opera; il più ingegnoso trovava dei mezzi per abbreviare il lavoro; il contadino aveva maggior bisogno di ferro o il fabbro maggior bisogno di pane; e lavorando in egual misura, uno guadagnava molto, mentre l'altro stentava a vivere. È così che la ineguaglianza naturale si estende insensibilmente accanto a quella derivante dal caso, e le differenze tra gli uomini, sviluppate da quelle delle circostanze, diventano più sensibili, hanno effetti più stabili e cominciano a influenzare nella stessa proporzione la sorte degli individui.

Arrivate le cose a questo punto, è facile immaginare il resto. Non mi fermerò a descrivere la successiva invenzione delle altre arti, il progresso delle lingue, la prova e l'impiego delle capacità, l'ineguaglianza delle fortune, l'uso o l'abuso delle ricchezze, né tutti i particolari che ne conseguono e che sono facilmente intuibili. Mi limiterò soltanto a gettare un colpo d'occhio al genere umano in questo nuovo ordine di cose.

Ecco dunque tutte le nostre facoltà sviluppate: la memoria e l'immaginazione all'opera, l'amor proprio interessato, la ragione resa attiva e lo spirito giunto quasi al massimo della perfezione di cui è suscettibile. Ecco in atto tutte le qualità naturali, il rango e la sorte di ogni uomo stabiliti non solo in base alla quantità dei beni e alla possibilità di servire o di nuocere, ma in base allo spirito, alla bellezza, alla forza o all'abilità, al merito o alle capacità; ed essendo queste qualità le sole che potevano procurare stima, ben presto fu necessario averle o simularle.

Bisognò, per il proprio vantaggio, mostrarsi diversi da come effettivamente si era. Essere e parere divennero due cose completamente differenti; e da questa distinzione scaturirono il fasto imponente, l'astuzia ingannevole e tutti i vizi che ne sono il codazzo.

D'altra parte, l'uomo, da libero e indipendente quale prima era, eccolo, da una quantità di nuovi bisogni asservito per così dire a tutta la natura, e soprattutto ai suoi simili di cui in un certo senso diviene schiavo, anche quando ne diviene padrone: ricco, ha bisogno dei loro servigi; povero, ha bisogno del loro aiuto, e neppure la mediocrità lo mette in condizione di poter fare a meno di loro.

Bisogna dunque che egli cerchi continuamente di interessarli alla sua sorte e di far in modo che essi trovino il proprio vantaggio, effettivo o apparente, nel lavorare per il suo: ciò lo rende imbroglione e ipocrita con gli uni, imperioso e duro con gli altri, e lo mette nella necessità d'ingannare tutti quelli di cui ha bisogno, qualora non riesca a farsi temere da loro e non trovi il proprio tornaconto nel servirli utilmente.

Infine l'ambizione divorante, la smania d'innalzare la propria posizione, più per mettersi al di sopra degli altri che per un vero bisogno, ispira a tutti gli uomini una oscura tendenza a nuocersi reciprocamente, una gelosia segreta tanto più pericolosa in quanto, per colpire con più sicurezza, si nasconde spesso dietro la maschera della benevolenza; in una parola, da una parte concorrenza e rivalità, dall'altra opposizione d'interessi, e sempre il desiderio nascosto di guadagnare a spese degli altri; tutti questi mali sono il primo risultato della proprietà e il codazzo inseparabile della ineguaglianza nascente. [...]

Non bisogna confondere l'amor proprio con l'amore di se stessi; due passioni molto differenti per la loro natura e per i loro effetti. L'amore di se stesso è un sentimento naturale, che porta ogni animale ad aver cura della propria conservazione e che, diretto nell'uomo dalla ragione e modificato dalla pietà, produce l'umanità e la virtù. L'amor proprio non è che un sentimento contingente, artificioso e nato nella società; esso porta ogni individuo a tener conto più di se stesso che di ogni altro, ispira agli uomini tutti i mali che si fanno reciprocamente ed è la vera origine dell'onore.

Ben compreso ciò, affermo che nel nostro stato originario, nel vero stato di natura, l'amor proprio non esiste; infatti, poiché ogni uomo in particolare si considera come il solo spettatore che lo osservi, come il solo essere nell'universo che abbia interesse per lui, come il solo giudice del proprio merito, non è possibile che un sentimento che trae origine in confronti che egli non è in grado di fare possa nascere nel suo animo; per la stessa ragione quest'uomo non sarebbe capace di provare odio o desiderio di vendetta, passioni che possono nascere solo dalla convinzione di aver ricevuto qualche offesa; e poiché sono il disprezzo e l'intenzione di nuocere, e non il male, a costituire l'offesa, degli uomini che non sanno né apprezzarsi né confrontarsi possono farsi molte reciproche violenze se ne ricavano qualche vantaggio, senza mai offendersi tra loro.

In una parola, ogni uomo che vede i suoi simili solo come vedrebbe animali di un'altra specie, può rubare la preda al più debole o cedere la propria al più forte, considerando queste rapine solo come fatti naturali, senza il minimo impulso d'insolenza o di dispetto, e senza altra passione che il dolore o la gioia di un buono o di un cattivo esito.


Guida alla lettura


1) Quale origine attribuisce Rousseau alla proprietà?
Rousseau attribuisce l'origine della proprietà a un atto di forza. Nel testo, descrive un individuo che recinta un terreno e afferma "Questo è mio", trovando altre persone che credono a tale affermazione. Secondo Rousseau, questo atto di appropriazione è il vero fondatore della società civile, e rappresenta il passaggio da uno stato di natura, dove la terra era di nessuno e i frutti erano di tutti, a uno stato di società civile dove la terra diventa proprietà privata. Questo passaggio ha introdotto la disuguaglianza civile, che è distinta dalla disuguaglianza naturale e si basa sul riconoscimento sociale e legale della proprietà derivante dal lavoro e dallo sfruttamento delle risorse.

2) La si può considerare un diritto naturale?
Secondo Rousseau, come si evince dal testo, la proprietà non può essere considerata un diritto naturale. Egli polemizza con la posizione di Locke che considerava la proprietà della terra come un diritto naturale. Rousseau descrive la proprietà come qualcosa che nasce da un atto di forza, in cui una persona recinta un terreno e lo dichiara suo, e altre persone, ingenuamente, credono a tale affermazione. Questa nozione di proprietà si evolve successivamente in un diritto civile, riconosciuto all'interno di una società ma non è qualcosa che appartiene alla condizione naturale dell'uomo. Rousseau ritiene che molti mali sociali, tra cui la disuguaglianza e i conflitti, siano conseguenze dirette dell'istituzione della proprietà privata.

3) Quale ne è il fondamento come fatto sociale?
Il fondamento della disuguaglianza come fatto sociale, secondo il testo di Rousseau che hai fornito, risiede principalmente nella proprietà privata e nel suo sviluppo. Rousseau argomenta che il primo uomo a recintare un pezzo di terra e a dichiararlo "suo" ha creato la base per la società civile e, di conseguenza, per le disuguaglianze sociali. Questo atto di appropriazione non solo distingue tra chi possiede la terra e chi non la possiede ma porta anche a una cascata di conseguenze sociali ed economiche che amplificano le differenze tra gli uomini.

L'evoluzione dalla semplice differenza fisica, una forma di disuguaglianza naturale, alla disuguaglianza civile, è guidata dalla creazione e dall'accumulazione di proprietà, e dalla trasformazione di questa proprietà in potere. Rousseau sottolinea che, con l'avanzamento della società, emergono disuguaglianze basate su capacità, abilità e accumulo di risorse, che sono ulteriormente esacerbate dall'introduzione di concetti come l'amor proprio, che differisce dall'amore di sé naturale e fomenta competizione, ambizione e rivalità tra gli uomini. Questi sentimenti spingono le persone a danneggiarsi reciprocamente, spesso sotto la maschera della benevolenza, per vantaggi personali.

In sintesi, il fondamento della disuguaglianza come fatto sociale, nel contesto del testo di Rousseau, è l'instaurazione della proprietà privata, che segna l'inizio delle disuguaglianze civili e dei mali sociali correlati.

4) Che cos'è la famiglia?
Nel testo di Rousseau, la famiglia viene descritta come il primo nucleo affettivo e sociale che emerge con lo sviluppo dei sentimenti umani, derivanti dall'abitudine a vivere insieme. Questa coabitazione comune, composta da mariti e mogli, padri e figli, fa nascere i sentimenti di amore coniugale e di amore paterno. Ogni famiglia, quindi, diventa una piccola società, caratterizzata dall'attaccamento reciproco e dalla libertà, i quali rappresentano i soli legami che uniscono i suoi membri. In questo contesto, si determina anche la prima differenziazione nei modi di vita tra i sessi, con le donne che tendono a diventare più sedentarie, occupandosi della casa e dei bambini, mentre gli uomini si dedicano alla ricerca del cibo. La famiglia, quindi, rappresenta una fondamentale unità sociale e affettiva, un luogo di unità e di legame tra i suoi componenti.

5) La famiglia va considerata un'istituzione naturale o storica?
Basandosi sul testo di Rousseau presentato, la famiglia non è considerata un'istituzione naturale, piuttosto un'istituzione storica che emerge con lo sviluppo della società. Rousseau descrive la famiglia come un prodotto della situazione sociale e delle abitudini di vita che si sviluppano gradualmente. Nel testo, si afferma che i primi sviluppi del cuore umano, quali l'amore coniugale e l'amore paterno, furono l'effetto di una situazione nuova che "riuniva in una abitazione comune i mariti e le mogli, i padri e i figli". Questa nuova modalità di convivenza si tradusse nell'emergere della famiglia, vista come una "piccola società", più unita a causa dell'attaccamento reciproco e della libertà che ne erano i soli legami.

Quindi, secondo Rousseau, la famiglia come nucleo affettivo e sociale si configura in seguito a cambiamenti nel comportamento e nelle relazioni umane, piuttosto che essere un'istituzione inerente allo stato naturale dell'uomo.

6) Quale ne è il fondamento?
Nel testo di Rousseau, il fondamento della famiglia è identificato come un risultato naturale dell'abitare insieme. Rousseau spiega che i primi sviluppi del cuore umano sono stati l'effetto di una situazione nuova, ossia la riunione in una abitazione comune di mariti e mogli, padri e figli. Questa convivenza ha fatto nascere i sentimenti più dolci conosciuti dagli uomini, come l'amore coniugale e l'amor paterno. Ogni famiglia così è diventata una piccola società, unita principalmente dall'attaccamento reciproco e dalla libertà, essendo questi i suoi unici legami. Quindi, secondo Rousseau, il fondamento della famiglia risiede nell'abitudine di vivere insieme e nei legami affettivi che ne derivano.

7) Qual è l'origine dell'ambizione e perché Rousseau la definisce passione sociale?
Secondo Rousseau, l'origine dell'ambizione è strettamente legata all'emergere della proprietà e della disuguaglianza civile, che sono frutto dell'evoluzione sociale dell'uomo. Rousseau definisce l'ambizione una "passione sociale" perché nasce e si sviluppa all'interno delle strutture e delle dinamiche della società, non essendo presente nello stato naturale dell'uomo. L'ambizione è alimentata dal desiderio di elevare la propria posizione sociale non tanto per soddisfare un bisogno reale, quanto per posizionarsi al di sopra degli altri, spesso a loro spese.

Questo desiderio genera una serie di comportamenti competitivi e ostili, come la concorrenza, la rivalità, e la tendenza a nuocere agli altri, spesso celati dietro maschere di benevolenza. Questi comportamenti non solo emergono ma si intensificano con lo sviluppo della società civile, dove le persone diventano sempre più dipendenti gli uni dagli altri per soddisfare le proprie necessità e desideri. In questo contesto, l'ambizione diventa una forza motrice che spinge gli individui a manipolare e utilizzare gli altri per il proprio vantaggio personale.

Rousseau critica profondamente questa trasformazione, sostenendo che porta con sé ingiustizia e corruzione morale, distorcendo i veri valori umani e sostituendoli con il culto dell'apparenza e del successo materiale.

8) Definisci le caratteristiche che distinguono «amore di sé» e «amor proprio», rispetto alla base naturale comune.
Nel testo di Rousseau, l'«amore di sé» e l'«amor proprio» sono due concetti distinti che riflettono differenti aspetti delle interazioni umane e delle motivazioni personali.

Amore di sé: È descritto come un sentimento naturale presente in ogni essere vivente, che motiva l'individuo a prendersi cura di sé stesso e a preservare la propria esistenza. Questo sentimento è guidato dalla ragione e moderato dalla pietà, portando all'umanità e alla virtù. Rousseau considera l'amore di sé un elemento fondamentale e positivo della natura umana, che contribuisce alla coesione sociale e alla benevolenza reciproca.
Amor proprio: A differenza dell'amore di sé, l'amor proprio è una passione che nasce all'interno della società e si sviluppa man mano che gli individui interagiscono tra loro. È essenzialmente una preoccupazione per la propria posizione relativa agli altri, portando l'individuo a valutare se stesso più degli altri e a cercare di superarli in qualche modo. L'amor proprio è associato a sentimenti di competizione, gelosia e rivalità, e può condurre a comportamenti dannosi, sia per l'individuo sia per la società. Rousseau lo identifica come la fonte degli mali sociali, compresi i conflitti e l'ineguaglianza.

La distinzione fondamentale tra questi due sentimenti nel contesto del testo di Rousseau risiede nella loro origine e nel loro impatto sulla società: l'amore di sé è un sentimento innato e costruttivo, mentre l'amor proprio è un prodotto sociale che può portare a dinamiche distruttive. L'amore di sé opera sulla base della conservazione individuale e del benessere collettivo, mentre l'amor proprio è spesso guidato da un desiderio egoistico di supremazia e riconoscimento personale.

9) Perché secondo Rousseau tra le passioni naturali dell'uomo non ci può essere il senso dell'offesa?
Secondo Rousseau, nel vero stato di natura, l'amor proprio non esiste, e quindi non può esistere neanche il senso dell'offesa. Questo perché l'amor proprio è una passione che nasce nei contesti sociali e deriva dai confronti che un individuo fa con gli altri. Nel stato di natura, ogni uomo si vede come l'unico spettatore di se stesso, l'unico essere nell'universo che ha interesse per lui e l'unico giudice del proprio merito. Di conseguenza, senza la capacità di fare confronti con gli altri (perché non riconosce altri come suoi pari o come spettatori dei suoi atti), non può sviluppare un sentimento come l'amor proprio, che a sua volta è la base per provare offesa.

L'offesa, infatti, sorge dalla convinzione di aver subito un danno o un disprezzo, il che richiede un confronto con l'altro e un riconoscimento del valore proprio in relazione a quello altrui. Rousseau afferma che senza la capacità di apprezzarsi o confrontarsi con gli altri, gli uomini possono anche commettere violenze reciproche se ne traggono vantaggio, ma lo fanno senza provare offesa, poiché queste azioni sono viste solo come fatti naturali, privi di qualsiasi carica di disprezzo o rancore.


Guida alla Comprensione


1) Spiega come la divisione del lavoro, nella famiglia e nella società, contribuisca a differenziare gli individui, sviluppando specifiche abilità e possibilità di confronto di merito.
Nel testo di Rousseau viene evidenziata la divisione del lavoro sia a livello familiare che sociale come uno dei fattori principali nella differenziazione degli individui e nello sviluppo delle specifiche abilità, portando poi a un confronto di merito tra di essi. Esaminiamo come questo processo avviene:

Divisione del lavoro nella famiglia: Rousseau descrive un cambiamento significativo nella struttura della famiglia con l'avvento dell'abitazione comune. Le donne e gli uomini iniziano a differenziarsi nei loro ruoli: le donne tendono a diventare più sedentarie, assumendo la responsabilità di curare la capanna e i bambini, mentre gli uomini si dedicano alla ricerca del cibo. Questa specializzazione non solo contribuisce a un diverso sviluppo delle abilità tra i sessi ma anche all'emergere di sentimenti come l'amore coniugale e paterno, creando una piccola società basata su legami affettivi e cooperativi.
Divisione del lavoro nella società più ampia: Con l'evoluzione delle società e l'introduzione di nuove tecnologie come l'uso del ferro, si verifica una diversificazione ancora maggiore delle abilità. Alcuni individui diventano più abili, altri più forti, e altri ancora più ingegnosi nell'ottimizzare il loro lavoro. Queste differenze non solo portano a una variazione nelle capacità e nella produzione (alcuni guadagnano di più rispetto ad altri che stentano a vivere) ma stabiliscono anche le basi per un confronto di merito.
Conseguenze della divisione del lavoro: Queste differenziazioni portano a una società in cui il "merito" e le capacità individuali diventano criteri per la stima sociale. Rousseau nota come diventi necessario per gli individui non solo possedere certe qualità ma anche simularle per guadagnare stima, causando una distanza tra 'essere' e 'parere' e alimentando comportamenti come l'inganno e l'ipocrisia.

In sintesi, la divisione del lavoro contribuisce significativamente alla differenziazione degli individui nella società di Rousseau, non solo sviluppando abilità uniche e adattative a seconda dei ruoli ma anche influenzando profondamente la struttura delle relazioni sociali e il modo in cui gli individui sono valutati e si confrontano tra loro basandosi sul merito percepito. Questo processo è una delle pietre miliari nel passaggio dalla semplice sopravvivenza alla complessità delle strutture sociali, con tutte le sue implicazioni etiche e sociali.

2) Spiega il rapporto perverso che si stabilisce, secondo Rousseau, tra proprietà e culto dell'apparenza, producendo effetti sulla valutazione sociale e l'autovalutazione degli individui.
Secondo Jean-Jacques Rousseau, nel testo "Sull'origine dell'ineguaglianza", il rapporto perverso tra proprietà e culto dell'apparenza emerge man mano che la società si evolve da uno stato di natura verso uno stato di civiltà più strutturato, caratterizzato da disuguaglianze più marcate. Rousseau critica la nozione che la proprietà sia un diritto naturale, come sostenuto da altri filosofi come Locke, e argomenta che essa nasce da un atto di forza e diventa diritto solo tramite il riconoscimento e le leggi della società civile.

Nella società che evolve, le persone iniziano a valutare gli altri non solo sulla base delle loro qualità e competenze reali, ma anche e soprattutto in funzione della ricchezza e del possesso di beni materiali. Questo comporta che "essere e parere" diventino due concetti distinti: le persone non sono valutate per ciò che realmente sono, ma per l'apparenza che riescono a proiettare agli altri. Rousseau sostiene che questo porta a un aumento del fasto imponente, della duplicità e della manipolazione, poiché le persone sentono la necessità di apparire differenti da come realmente sono per ottenere vantaggi sociali ed economici.

Il possesso di proprietà, quindi, non solo crea un abisso tra chi possiede e chi non possiede ma stabilisce anche un sistema di valutazione sociale basato più sulle apparenze e sul possesso materiale che non sui veri meriti o capacità individuali. Ciò induce gli individui a nascondere la loro vera natura e a sviluppare un comportamento ipocrita e manipolativo, cercando di ingannare gli altri per il proprio vantaggio personale. Inoltre, la dipendenza da beni materiali e da altri individui per la propria sopravvivenza e il proprio status sociale trasforma l'uomo da essere libero e indipendente in un essere asservito e dipendente, tanto dai suoi bisogni quanto dai suoi simili.

Questo contesto porta alla nascita dell'"amor proprio", un sentimento di autostima distorto e contingente, legato alla società e al confronto con gli altri, che è molto diverso dall'"amore di sé", un sentimento naturale di cura per la propria conservazione. L'amor proprio spinge gli individui a competere e danneggiarsi reciprocamente per innalzare il proprio status sociale, alimentando gelosie e conflitti all'interno della società.

3) In che senso la società produce nell'uomo dipendenza?
Nel testo di Rousseau, la società produce nell'uomo una forma di dipendenza attraverso l'evoluzione delle strutture sociali e delle relazioni economiche che si sviluppano con l'introduzione della proprietà privata e l'ineguaglianza. Rousseau suggerisce che l'emergere della proprietà privata e l'accrescimento delle disuguaglianze economiche hanno creato nuovi bisogni e desideri nell'uomo che non erano presenti nello stato di natura. Questi bisogni rendono gli individui dipendenti gli uni dagli altri in vari modi:

Dipendenza economica: L'acquisizione e il possesso di proprietà e ricchezze creano una rete di dipendenze economiche. Rousseau descrive come, con l'evoluzione della società, alcuni diventano più abili, producono di più e ottengono maggiori ricchezze, mentre altri faticano a sopravvivere. Questo squilibrio porta a una dipendenza reciproca tra chi ha più risorse e chi ne ha meno. Il ricco ha bisogno dei servizi dei poveri, e i poveri necessitano dell'aiuto dei ricchi.
Dipendenza sociale: Con la crescita delle disuguaglianze e la competizione per le risorse, gli individui devono costantemente cercare di influenzare gli altri per trarre vantaggio. Rousseau afferma che per ottenere ciò che desiderano, gli uomini diventano "imbroglioni e ipocriti" con alcuni e "imperiosi e duri con altri. Questo trasforma la società in un ambiente in cui la manipolazione e la competizione sono necessarie per la sopravvivenza e il successo.
Dipendenza emotiva e psicologica: Con l'avanzare della società, emerge anche l'"amor proprio", descritto da Rousseau come una passione sociale che spinge gli individui a valutare se stessi principalmente attraverso il confronto con gli altri. Questo sentimento è diverso dall'"amore di sé", che è un sentimento naturale di autodifesa e autoconservazione. L'amor proprio genera dipendenza emotiva e psicologica dalla percezione e dal giudizio altrui, spingendo gli individui a modificare il loro comportamento per ottenere approvazione, rispetto o superiorità sociale.

In conclusione, Rousseau vede la società come una struttura che trasforma la libertà originaria e l'indipendenza dell'uomo in una serie di dipendenze complesse che lo asserviscono agli altri e alle strutture create dall'evoluzione sociale.

4) Esaminando la ricostruzione russoiana dell'evoluzione sociale dell'uomo, spiega se, a tuo parere, la perversione delle motivazioni dell'uomo civile appaiono come un fatto necessario o come un evento rimediabile della storia umana.
Rousseau nella sua opera analizza la transizione dall'originario stato di natura, caratterizzato da uguaglianza e autosufficienza, verso uno stato di società marcato dalla proprietà privata e dalla disuguaglianza sociale. Questa transizione porta con sé una serie di perversioni nelle motivazioni umane, come la concorrenza, l'avidità, e il desiderio di dominare sugli altri, motivazioni che si allontanano dall'originaria predisposizione naturale verso l'amore di sé (che promuove il benessere individuale in armonia con gli altri) e virano verso l'amor proprio (che cerca il proprio vantaggio a scapito degli altri).

Secondo Rousseau, le perversioni delle motivazioni dell'uomo civile non sono necessariamente un esito inevitabile della storia umana, piuttosto il risultato di specifiche scelte e strutture sociali, in particolare l'introduzione e l'accettazione della proprietà privata. Questo implica che tali perversioni sono, almeno teoricamente, rimediabili attraverso un cambiamento radicale nelle strutture e nelle concezioni sociali.

Nel testo, Rousseau illustra come la proprietà privata e l'accumulo di ricchezza abbiano creato una nuova serie di dipendenze e necessità, alterando profondamente le relazioni sociali e i valori. L'uomo diventa schiavo di bisogni artificiali e si trova costretto a manipolare gli altri per il proprio guadagno personale. Questa situazione genera una società in cui prevalgono inganno, ipocrisia e oppressione, un marcato contrasto con il pacifico e semplice stato di natura.

Rousseau suggerisce che, per correggere queste perversioni, sia necessaria una riflessione critica sulle fondamenta stesse della società civile, in particolare sulla legittimità e sulle conseguenze della proprietà privata. Sebbene non fornisca una soluzione definitiva o un modello alternativo di società, la sua analisi implica che un ritorno ad uno stato più vicino a quello naturale, dove prevale l'amore di sé e non l'amor proprio, potrebbe mitigare o eliminare le perversioni legate alle motivazioni dell'uomo civile.

Dunque, secondo Rousseau, la perversione delle motivazioni umane non è un fatto necessariamente irreversibile, piuttosto una condizione storica che può essere rivista e, potenzialmente, riformata. Questo punto di vista apre spazi per la riflessione su come le strutture e i valori della società moderna potrebbero essere modificati in favore di un ordine sociale più equo e armonioso.

Fonti: Zanichetti, libri scolastici superiori

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